martedì 20 maggio 2014

La sera prima

E' la sera prima di un'importante prova,
la stessa dove l'ultima volta hai fallito per un soffio,
quella prova che avresti concluso se avessi stretto un altro po' i denti,
e invece no, è rimasta lì, incompiuta, solo perchè ti è mancato un pizzico di determinazione.

E' la sera prima di un'importante prova,
quella sera in cui ripassi e ripassi ancora tutto ciò che ti aspetta il giorno dopo,
ma per questo non riesci a prender sonno.
Tutto ciò ti sta quasi ossessionando, ma che ci vuoi fare, è la tua testa e tutto ciò che puoi fare è lasciarla fare.
Troverà lei la soluzione, ma non preoccupartene troppo, potresti interrompere il suo flusso creativo.

Ed ecco, il sole del giorno dopo è sorto.
Something is changed. 

sabato 29 marzo 2014

La Settima Foto

Ogni volta che ci svegliamo la mattina non possiamo sapere che cosa ha in serbo per noi la vita.
Ma io trovo che il bello risieda proprio nella scoperta ed è incredibile come lo scorrere delle ore possa decidere se quella sarà una giornata qualunque, noiosa, monotona, una giornata orribile, grigia, triste oppure una giornata meravigliosa, emozionante, costruttiva.

E’ la mattina del Sabato 22 Marzo 2014, mi sveglio stanco ed è mattina presto.. devo correre al lavoro. Inizia così una mattinata in radio, con le tante mansioni a cui devo rispondere in questo periodo e le tante soddisfazioni che ne derivano.
La mattina prendo la solita colazione giù al bar, faccio la solita chiaccherata con la mia giornalista e poi lavoro duramente fino al pranzo, che consiste in un trancio della pizza del Pizza e Caffè (spettacolare al trancio) ed una Coca Cola.
Corro quindi a casa a farmi una doccia, ne avevo davvero bisogno per come mi sentivo: stanco.
L’acqua, come qualsiasi elemento naturale, è per me rigenerante al massimo.
Una volta pronto, bevo un bicchiere d’acqua, saluto i miei e salgo in macchina: direzione Padova, Mostra fotografica…

Il marciapiede della stazione di Padova scorre sotto i miei piedi, è grigio, proprio come il mio umore e la mia giornata fino in quel momento.
Il grigio non riesco proprio a definirlo un colore, non lo trovo per niente caratterizzante, preferisco di gran lunga chiamare colori il nero o il bianco, almeno simboleggiano qualcosa di forte e di intenso.
Il bene, il male, la luce, il buio, la vittoria, la sconfitta.
Possiamo ricondurli a migliaia di significati, ma tutti in totale contrasto.
E se vi chiedessi “Avete mai pensato di trovare il medesimo significato per entrambi? Fondendoli così in un concetto unico?” voi a cosa pensereste?
Io non ne avevo assolutamente idea, ma dopo 5 minuti di cammino eccoci arrivati alla mostra, ed è qui che ho trovato la mia risposta: penserei alla fotografia in bianco e nero.

Mi trovo ora in una chiesa sconsacrata, il tema della mostra è “Feel the land”, ovvero percepire la terra, e camminando lentamente fra i vari lavori esposti è stato abbastanza facile accorgermi che, come in tutte le cose, ognuno ha il suo personale punto di vista.

Lo ammetto, non ci trovo chissà quale gusto ad esser qui, la fotografia non l’ho mai apprezzata più di tanto, trovo insensato perdersi alcuni attimi ed emozioni di una vacanza o di qualsiasi altra situazione per scattare una foto, non mi interessa ricordarmi in futuro di quello che sta avvenendo adesso, voglio solo gustarmelo ORA fino in fondo, con tutta la mia persona, perché il Simo del futuro chissà dove sarà e chissà come rivivrà il mio attuale presente. No, non mi interessa.
Per di più trovo noioso poi osservare fotografie di bellissimi paesaggi, se voglio vedere un bel paesaggio metto gli scarponi ai piedi e vado sul Monte Baldo a farmi una bella passeggiata, di certo non mi faccio venire il sangue amaro nel guardare una foto pensando:”Perché non posso essere lì?”.
Però c’è una parte di fotografi che guardo con ammirazione:
quelli che vivono la fotografia con filosofia;
quelli che in un solo istante impresso vorrebbero intrappolare l’infinito;
quelli che spendono denaro ed energie per coltivare la loro passione.

Con passo lento arrivo così in fondo alla chiesa, all’ultimo workshop, ultimo come posizione, ma non come importanza.
Mi trovo davanti a 7 fotografie, tutte in bianco e nero, 6 di queste con un elemento in comune, una dominanza del colore bianco sullo sfondo della foto ed una concentrazione di nero per quanto riguarda il soggetto, una ragazza. Che sia forse un caso?
 “Ho voluto considerare il progetto con un’accezione negativa, piuttosto che positiva, come farebbe la maggior parte delle persone.”
Queste sono le prime parole spiazzanti del fotografo, il quale comincia a esporre la sua creazione.
Dentro me ho capito di aver ragione, la ragazza sembra quasi squarciare la carta stampata, il suo contrasto così netto con lo sfondo rende la foto viva, angosciante, ma viva.
Si, perché la prima emozione che mi ha raggiunto è stato proprio un senso di angoscia, di smarrimento, di incomprensione.
Le 7 foto sono disposte in orizzontale, quasi ci fosse un filo sottile ad unirle, infatti la spiegazione del fotografo comincia a danzare su questo filo, partendo dalla prima, per concludersi all’ultima.
Per la prima volta mi sono ritrovato a guardare delle foto il cui loro unico servigio era quello di metafore, ovvero di esprimere una sensazione, un’emozione, un concetto.
Ed il fotografo è stato il maestro che le ha dirette per questo, come in un rapporto carnale di amore, in cui i due innamorati si dirigono a vicenda per raggiungere il sogno che possiedono in comune.
Al contrario degli altri fotografi che cercano di intrappolare in un istante l’infinito, mi sento di dire che lui ha trovato il modo di rendere il momento dello scatto vivo e libero in eterno.
Dico questo perché la foto secondo me diventa viva solo nel momento in cui chi la osserva rimane immobile, al contrario dei suoi pensieri che non si fermano un secondo, perché non riescono a capire cosa sta succedendo dentro di lui a livello emotivo. Eppure qualcosa sta sentendo…

Mi sento di doverla ringraziare questa persona, primo per avermi fatto provare sulla pelle che il potere della fotografia è molto più grande di quello che si possa immaginare.
Secondo per avermi fatto riflettere su un concetto molto importante, ovvero che c’è qualcosa di molto più grande ed astratto di noi e dei nostri pensieri, qualcosa a cui non basta un solo giorno di attenzione per essere compreso, ma necessità di molto, molto, molto tempo e dedizione, forse tutta una vita.
Terzo perché è stato bello pensare a qualcosa che non avevo mai preso in considerazione ed è stato molto emozionante ritrovarmici.

Ad ogni modo, c’è una delle 7 foto di cui non ho ancora parlato.
Io l’ho chiamata “la settima foto”, ma in realtà era quella posta esattamente in centro, nel mezzo del percorso.
La foto è un primo piano della ragazza distesa, un primo piano che mi ha messo in forte disagio per l’intensa presenza di tinte nere e lo sguardo fisso su chi la osserva.
E’ una foto molto particolare, che mi ha fatto capire dove io sia arrivato nel mio sentiero.

Una cosa è certa: ci vuole coraggio nel fissarsi dritti negli occhi.

giovedì 20 febbraio 2014

Nuove forme di equilibrio

Strana la vita.
Ogni volta che mi sono dedicato ad un progetto le tappe sono sempre state le medesime.
Il grande entusiasmo iniziale, i primi passi in cui i progressi arrivavano come un fiume in piena ed una sensazione di benessere estremo.
Solo che ad un certo punto i miglioramenti stentavano ad arrivare e, nonostante la costanza, per riuscire ad andare avanti anche di un solo passo avevo bisogno del triplo degli sforzi e del tempo che mi serviva all'inizio, così l'entusiasmo cominciava a calare e il destino per questo progetto era andare avanti in una situazione di stallo oppure l'abbandono.

Quest'anno le cose sono un po' cambiate. In meglio.
Ed è una sensazione un po' strana per me, la quale mi porta molto spesso a raccogliermi in me stesso, via lontano da questa vita e da questo mondo.
Le nostre esperienza sono sempre difficili da condividere a pieno, sappiamo bene che quello che facciamo nella nostra vita può esser motivo enorme di soddisfazione solo per noi e pochi altri, ma di sicuro nessuno la può percepire come la percepiamo noi. 
E a me sembra di esser dentro una sorta di mondo parallelo, dove l'immobile è diventato mobile e dove grazie alla mia costanza e al mio impegno lo stallo si è concluso, riprendendo ad avanzare lungo il mio cammino, ma stavolta ad un livello più avanzato.
E' come se per tutto questo tempo avessi girovagato per i sentieri di un fitto bosco e ora invece fossi davanti una parete da scalare bellissima, la quale per la prima volta mi permetterà di vedere il bosco dall'alto ed il cielo stellato della notte.

Sinceramente non capisco cosa sia cambiato in me per esserci finalmente arrivato, ma non credo sia un semplice "hai trovato la strada giusta per te", credo ci sia un motivo più profondo e se spesso mi raccolgo fra i miei pensieri non è solo per vestire il ruolo di giudice di me stesso esaminando i miei progressi, ma è anche per riflettere su cosa mi abbia portato a ciò. 

Sarà forse una nuova forma di equilibrio?


sabato 25 gennaio 2014

Il silenzio perduto

Mi ero scordato di quanto bello fosse andare al lavoro di prima mattina con lo scooter... quando c'è nebbia. Passi 3/4 del tempo ad asciugarti la visiera del casco coi guanti, giusto per garantirti un minimo di visibilità che già è ridotta di suo.

Però stamattina, una volta parcheggiato, ho provato una bellissima sensazione. C'era uno strano silenzio per le vie della città, tutto era fermo, fatta eccezione per quei pochi passanti che la rendevano viva, e l'aria era fresca; vi era una profonda pace in ogni cosa. 
Poi alzo lo sguardo verso il cielo e mi accorgo che un azzurro chiaro si stava espandendo nel buio della notte. 
Forse le giornate si stanno allungando e non mi importa se in questi giorni le temperature siano scese, mi basta sapere che fra due mesi è primavera e che questo inverno è perfetto così com'è.

giovedì 23 gennaio 2014

A volte occorre scendere dal treno...

L'inizio di questo nuovo anno non è stato dei migliori, lo stop forzato dall'influenza ha fatto si che potessi rallentare drasticamente, smontare da un treno lanciato a folle velocità e procedere contro la mia volontà a passo d'uomo. Mi mancava.
Avevo bisogno di fare una cosa simile per rendermi conto che c'era qualcosa nel mio viaggio che mi stava sfuggendo. Non tutto era al suo posto e molti punti della lista "cose da sistemare" non avevano ancora una spunta.
Inoltre questo stop riflessivo ha fatto sì che mi rendessi conto che qualcosa dentro di me andava sistemato. Non c'era serenità nella malattia, non c'era pace, ma tormento.
Avevo la sensazione di essermi lanciato dall'alto nel vuoto e di aver appena aperto il paracadute, quando ancora non si sa dove si andrà ad atterrare di preciso e ci si sente sospesi, fra "realtà e irrealtà" (cit.).
E' stata dura recuperare la lucidità, ma andava fatto per mettere nero su bianco ciò che avevo appreso durante questa sosta.
Punto primo, ognuno di noi ha una parte negativa, oscura se vogliamo, che con l'avanzare della propria maturità, cresce proporzionalmente anche lei. Quindi, o ci lasciamo sopraffare da lei con tutte le conseguenze del caso, oppure decidiamo che forse è arrivato il momento di imparare a controllarla e gestirla, incanalandola in una qualche forma di sfogo. Ho ovviamente optato per la seconda alternativa, ho davvero bisogno di recuperare una vecchia stabilità emotiva che ormai non mi appartiene più da diverso tempo.
Punto secondo, vivere bene. Sembra una cavolata, ma non lo è. Il segreto del vivere bene, per persone che si fermano spesso a riflettere e a sognare, è il purificare i propri pensieri per renderli positivi, cosa assolutamente riconducibile al punto primo.
Punto terzo, ho deciso di non rimontare più su quel treno. E' vero che si arriva in un batter d'occhio ovunque, ma perdersi il gusto di viaggiare, non lasciando che ogni cosa abbia il suo tempo, non fa proprio per me. 
Preferisco raggiungere i miei sogni a piedi, sentire che i giorni scorrono lentamente, fra la lettura di un bel libro e una passeggiata in montagna.
Ad ogni modo quest'anno è partito anche con la sua buona dose di positività, giusto per dare un po' di equilibrio, e non parliamo assolutamente di cose di poco conto, anzi! Parliamo delle cose più importanti che fanno parte della mia vita e che, giorno dopo giorno, ho imparato a tenere strette a me. 
Parlo di voi, che siete davvero in pochi, ma che rendete ogni giorno la mia vita fantastica, perchè senza di voi non avrebbe senso vivere nemmeno un singolo attimo. Parlo dei Jamboree, delle serate passate a suonare, comporre e progettare i piani più malefici per diffondere la nostra musica a livello planetario.
Parlo dei miei migliori amici, con i quali troppo spesso mi lancio in conversazioni allucinanti (e allucinogene se vogliamo), quasi sempre causate da un consumo eccessivo di...coca cola.
Parlo di te, che da quando sei entrata a far parte della mia vita ogni cosa è cambiata in meglio ed ho trovato in te una persona sempre pronta a darmi un consiglio e la tua opinione sulle mie scelte, un'alleata di vita nella quale poter riporre tutta la mia fiducia e con cui risolvere tutte le difficoltà che incontriamo dentro e fuori di noi, sempre insieme. Noi che ci prendiamo cura l'uno dell'altra e sappiamo capirci senza alcuna difficoltà, quasi come ci conoscessimo da una vita... e proprio per questo sappiamo come prenderci e cosa passa per la testa dell'altro. 
Si. Sei davvero importante per me Gian. Ti amo.